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lunedì 24 ottobre: “tutta un’ altra storia. L’omosessualità dall’antichità al secondo dopoguerra”

lunedì 24 ottobre al Biblios avremo il piacere di ospitare la presentazione del libro “Tutta un’ altra storia. L’omosessualità dall’antichità al secondo dopoguerra”.

Nel nostro bookshop sarà presente l’autore, Giovanni Dell’ Orto, introdotto dalla Dott.ssa Maria Vittoria Zaccagnini, Consigliera Arcigay Siracusa – area cultura e salute

Appuntamento alle 20.00. L’ingresso è gratuito

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Per lungo tempo, la storia dell’omosessualità si è risolta nel racconto spettacolare delle vicende biografiche di individui eccezionali – Oscar Wilde, Leonardo, Caravaggio -, certamente famosi per i propri amori, ma tutt’oggi ricordati per gli scandali di cui si resero protagonisti, le controversie non ancora sopite che li riguardano o i loro contributi all’arte, alla scienza, al pensiero. Al contrario, la quotidianità del vivere omosessuale nel corso dei secoli è stata di frequente relegata sullo sfondo della storia del costume, quando non scopertamente ignorata dagli studiosi, più interessati all’eccezione che alla regola. A colmare questa lacuna interviene “Tutta un’altra storia”, in cui lo storico e militante Giovanni Dall’Orto raccoglie il frutto di anni di ricerca, disegnando una traiettoria che dalla classicità grecoromana arriva – attraversando gli snodi imprescindibili della nascita della cristianità, del colonialismo e dell’età vittoriana – all’Europa dei totalitarismi: frammenti lirici, lettere private, appunti diaristici, atti processuali, molti dei quali mai pubblicati prima in Italia, vanno a comporre un mosaico immane, tanto eterogeneo nei luoghi e nei tempi quanto coerente nei temi che lo percorrono, restituendo infine voce a chi, per secoli, non l’ha avuta.

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Giovanni Dall’Orto è un giornalista e militante gay, ben noto alla comunità omosessuale italiana per i suoi scritti. Ma è anche uno storico di valore e, nonostante non abbia fatto parte finora del mondo accademico, è conosciuto e stimato dagli studiosi che si occupano della sessualità e dell’omosessualità. Tutta un’altra storia è un libro che gli addetti ai lavori attendevano da anni e che non li deluderà. È uno studio importante, destinato a restare a lungo sul tavolo di lavoro di chi si occupa di questi temi. In primo luogo perché, nelle oltre settecento pagine che dedica alla storia dell’omosessualità maschile in Occidente, dall’antichità classica al secondo dopoguerra, ci presenta un’enorme documentazione, frutto talvolta delle ricerche condotte dall’autore negli ultimi venti anni. In secondo luogo perché, attraverso questa documentazione, cerca di dare una riposta, con un linguaggio non specialistico, ad alcuni degli interrogativi discussi negli ultimi quaranta anni dalla letteratura scientifica inglese, francese, spagnola e tedesca, ma quasi del tutto ignorati dagli storici, i sociologi e gli antropologi del nostro paese. Questi interrogativi sono così numerosi che qui non è possibile neppure elencarli. Vorrei però ricordarne tre. La prima questione riguarda il ruolo del cristianesimo nella formazione di quella morale sessuale fortemente ostile verso l’omosessualità che è rimasta in vita in Europa per duemila anni. Lo storico John Boswell ha sostenuto a suo tempo che la Bibbia non condanna l’omosessualità, ma solo gli abusi, i rapporti sessuali violenti e asimmetrici. Fu solo più tardi, secondo lui, soprattutto dopo il XII-XIII secolo che la chiesa divenne decisamente omofobica.

Dall’Orto ci propone invece una tesi radicalmente diversa, seguendo anche l’impostazione di altri studiosi: il mutamento della morale sessuale, la nascita dell’omofobia, iniziò prima della nascita di Cristo ed ebbe “le sue radici tanto nel pensiero pagano quanto in quello ebraico”. Non è dunque vero, per l’autore di questo libro, “che noi occidentali siamo diventati omofobi in quanto cristiani, ma che siamo diventati cristiani in quanto omofobi”. Ciò non toglie che anche il cristianesimo diede il suo contributo alla formazione di una nuova morale violentemente ostile nei confronti dell’omosessualità. Condannò non solo coloro che nel rapporto sessuale avevano un ruolo passivo (come aveva fatto il paganesimo), ma anche quelli che ne avevano uno attivo. Considerò questa come una forma perversa di sessualità che offendeva Dio, perché era contro natura. La seconda questione, che ritorna più volte nel libro, è quella della nascita dell’identità e della sub-cultura omosessuale, e dunque dello schema di classificazione oggi dominante, basato sulla dicotomia etero-omosessuale. Dall’Orto critica severamente le idee di quegli studiosi, da lui chiamati “invenzionisti”, sostenitori della tesi, proposta da Michel Foucault, che l’omosessualità sia un’ invenzione moderna, dovuta a una costruzione medica degli ultimi decenni dell’Ottocento o, per citare il filosofo francese, che prima di allora, e per secoli, la sodomia sia stata solo “un tipo particolare di atti vietati”, che chiunque poteva commettere, e solo dopo di allora l’omosessuale sia diventato uno specifico attore, con preferenze erotiche stabili e una identità sessuale distinta, “un personaggio”, con “un passato, una storia e un’infanzia, un carattere, una forma di vita, una morfologia”. Nulla di nuovo, a prima vista, perché, negli ultimi trenta anni, questa tesi è stata criticata da moltissimi studiosi. Uno dei più autorevoli di questi, Randolph Trumbach, basandosi su una ricca documentazione, ha sostenuto che l’identità e la sub-cultura omosessuale sono nate all’inizio del Settecento, a Londra, dove vi erano uomini con preferenze omoerotiche stabili, che avevano creato una rete di luoghi di incontro riservati e un gergo segreto per comunicare fra loro. Da Londra, questo nuovo modo di interpretare e vivere le passioni omoerotiche, si diffuse, secondo Trumbach, nei paesi dell’Europa centrale e poi meridionale. Altri studiosi hanno riscontrato tracce di una qualche forma di identità omosessuale, anche se non di sub-cultura, sette secoli prima, verso il Mille. Così, ad esempio, Mark Jourdan, nel suo libro The Invention of Sodomy in Christian Theology (University of Chicago Press, 1997) ha attribuito a san Pier Damiani, e alla sua opera Liber gomorrhianus, scritta nel 1049 sotto forma di lettera aperta a papa Leone IX, contro i religiosi sodomiti, l’idea che vi fossero non solo atti sodomitici, ma anche un’identità. Una tesi ripresa recentemente da un altro studioso, Michael Carden. Ma Dall’Orto non accetta nessuna di queste ipotesi e, in una delle parti più originali del suo libro, ne propone una nuova. L’identità omosessuale, egli sostiene, iniziò a formarsi fra il XII e il XIV secolo, quando riapparve la contrapposizione “fra ‘amare le donne’ e ‘amare i maschi’ al posto di quella fra ‘copulare secondo natura’ (con le donne) e ‘copulare contronatura'(o con le donne o con gli uomini o con gli animali), ossia d’una concezione in cui conta l’orientamento del gesto sessuale più che la tipologia dell’atto”. Le prove che l’autore porta a favore di questa tesi sono varie. L’esistenza, all’inizio del Trecento, di “conventicole fra sodomiti” a Perugia e a Bologna. L’affermazione, fatta dal teologo Jacques de Vitry verso il 1220, che le numerose meretrici presenti a Parigi accusassero di essere sodomiti (cioè attratti solo dagli uomini) i chierici che rifiutavano le loro proposte. L’idea, presente in alcuni poemi d’amore, che nella popolazione maschile vi fossero uomini con preferenze omoerotiche stabili. A queste prove di Dall’Orto si può aggiungere l’affermazione, fatta nel 1230 da Guillaume D’Auvergne, confessore e consigliere di Luigi IX, che a Parigi i sodomiti avessero elaborato un loro gergo segreto e, per riconoscersi, usassero “virilia ostendere”. Per Dall’Orto, l’identità e la sub-cultura omosessuale non solo nacquero cinque secoli prima di quanto ritengono Trumbach e altri studiosi.

Si formarono anche in un’altra parte d’Europa: nelle città italiane in pieno sviluppo economico e culturale, perché favorite da quel processo di urbanizzazione che iniziò appunto nel nostro paese. Allora, questa nuova concezione delle passioni omoerotiche maschili si diffuse da sud verso nord e non al contrario, come quasi tutti gli studiosi oggi ritengono. Questa originalissima tesi mi sembra convincente, anche se nuove ricerche e nuovi documenti potrebbero renderla ancora più solida (lo stesso autore mostra di avere qualche dubbio, quando scrive: “forse non esisteva ancora una ‘sottocultura’, però, almeno a sentire i nostri avi, uno ‘stile di vita’ sodomitico sì”). È invece probabilmente frutto di fraintendimenti il modo in cui l’autore affronta una terza questione. Criticando il tentativo di alcuni studiosi di individuare il diverso significato attribuito alle passioni e agli atti omoerotici nei vari periodi storici, Dall’Orto sostiene che “ogni società tende a coltivare contemporaneamente più concezioni dell’omosessualità, anche contradditorie e inconciliabili” per cui “è del tutto arbitraria ogni pretesa d’indicare la concezione dell’omosessualità di un dato momento storico”.

C’è sicuramente del vero nella prima parte di tale affermazione, nel senso che, in ogni società convivono diverse concezioni non solo dell’omosessualità, ma anche della sessualità, della famiglia, dei rapporti fra uomini e donne, della religione, della salute e di molte altre cose. Non possiamo tuttavia dimenticare che l’importanza relativa di queste concezioni può essere assai diversa, che qualcuna può essere condivisa da una quota molto bassa della popolazione, qualche altra invece dalla maggioranza, che la diffusione della prima può essere declinante, quella della seconda crescente e dunque, quando la documentazione lo consente, è legittimo considerarne una come dominante. Così, ad esempio, nel nostro paese oggi convivono almeno quattro diverse concezioni della sessualità (ascetica, procreativa, edonistica e affettiva), ma la prima è condivisa da un numero esiguo di italiani, la seconda è in declino da oltre mezzo secolo. Quanto all’omosessualità, si può affermare con certezza che, fra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, si è passati dallo stile di ragionamento anatomico a quello psichiatrico. Ma da alcuni decenni questi hanno smesso di essere gli schemi esplicativi dominanti. Ancora nel 1976 due terzi degli italiani la consideravano una malattia e la attribuivano ad anomalie fisiche e psichiche, ma nel 2011 questa quota è scesa al 25 per cento.

Spero che il libro di Giovanni Dall’Orto spinga gli studiosi delle nuove generazioni a superare i tabù che hanno impedito finora agli storici, ai sociologi e agli antropologi italiani, ancor più che a quelli di altri paesi occidentali, di fare ricerca sul misterioso e affascinante mondo omosessuale. Mi auguro anche che la scelta dei temi di ricerca in questo campo sia sempre meno influenzata dall’orientamento sessuale e dal genere: che a studiare questo mondo non siano solo coloro che ne fanno parte, che gli uomini (omo o etero) si occupino anche delle lesbiche e le donne (omo o etero) anche dei gay. Mettere a confronto queste due popolazioni, esaminando le differenze e le somiglianze fra i modi in cui le passioni omoerotiche maschili e femminili sono state vissute e interpretate da chi le ha provate e giudicate dagli altri, arricchirà sicuramente le nostre conoscenze. Marzio Barbagli

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